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Runner Runner - Recensione

28/10/2013 | Recensioni |
Runner Runner - Recensione

Da Hollywood con furore, Runner Runner del pressoché sconosciuto Brad Furman (The Lincoln Lawyer), porta sullo schermo una storia tipicamente americana, che fa eco al più famoso 21 (2008) di Robert Luketic. Il gioco d’azzardo e la bella vita sono i veri protagonisti del film, un accozzaglia di stereotipi con un ritmo mediamente incalzante.

Lo studente universitario Richie (Justin Timberlake), convinto che le partite di poker a cui partecipa siano truccate, parte per il Costa Rica per parlare faccia a faccia al magnate del gioco d'azzardo Ivan Block (Ben Affleck). Block lo abbindola convincendolo a fare affari e guadagnare facilmente, Richie sta al suo gioco finché non apprende l'inquietante verità che riguarda il suo "benefattore". Quando l'FBI lo costringe a collaborare per scovare Block, Richie in mezzo ai due fuochi, dovrà riuscire a tener testa ad entrambi.

Runner Runner, che in gergo pockeristico indica le carte con cui fare colore e vincere, rappresenta la metafora stessa del sogno americano, quello del ragazzo intraprendente che attraverso un hobby (scommesse o partite a poker) diventa in poco tempo il riccone di turno, senza spezzarsi la schiena.

Il personaggio interpretato da Timberlake, che ricorda molto il protagonista del film di Luketic, uno studente universitario (Jim Sturgess) che si trova invischiato in un gioco troppo pericoloso per lui, è affiancato da uno scaltro ma all’apparenza annoiato, Ben Affleck qui in versione truffatore, recitando la parte di Kevin Spacey nel film sopracitato, 21.

Block è il suo esatto opposto, lo prende sotto la sua ala, ma sempre giocando lo incastra, facendolo diventare preda di un predatore assai importante, l’FBI. Il film prende vita proprio quando inizia la caccia e Richie dovrà fare un altro tipo di gioco, il doppio, per riuscire a salvarsi la pelle.

Nonostante di per sé e su carta la trama possa risultare ricca di intrighi, azione ed adrenalina, la verità è che il film sembra delinearsi in un continuo saliscendi: all’inizio parte bene, si perde nel troppo parlare e fra le luci e i glitter delle feste a bordo piscina, per riprendere poi. Lo stesso schema lo subisce anche il carattere e la personalità di Richie, prima desideroso solamente di divertirsi, un minuto dopo pronto a ragionare e a far statistiche.

Il film, la quale composizione lascia un po’ a desiderare, così come le interpretazioni e il ritmo stesso, trasmette però un messaggio importante: giocare d’azzardo e continuare a farlo riduce l’uomo e l’animo umano a pezzi, in America ancor più che in Italia. Se da un lato il film, tipicamente e volutamente rientri nel filone della classica “americanata”, l’unica cosa che conta è questo messaggio, che in un mondo globalizzato diventa universale.

Alice Bianco

 


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